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Giovanna Carbone: la magia policromatica del collage

“Artista friulana di singolare raffinatezza stilistica e  grande padronanza della tecnica del collage”

Ho avuto il piacere di entrare in contatto con Giovanna Carbone, artista friulana di singolare raffinatezza stilistica e  grande padronanza della tecnica del collage grazie alla segnalazione del maestro Giancarlo Caneva da tutti conosciuto come indiscusso protagonista dell’astrattismo lirico italiano più volte invitato alla Biennale di Venezia a cui si deve la scoperta e la valorizzazione di numerosi talenti della ricerca artistica nazionale. Proprio da Caneva lo scorso anno ebbi l’invito a redigere una breve presentazione  su Carbone in occasione della sua presenza ad una rassegna che si sarebbe tenuta a Stoccarda, in Germania,  documentata da uno splendido volume per l’editrice Giorgio Mondadori. Nell’esame della documentazione  concernente la sua opera, rimasi affascinato dalla scioltezza primaverile e cromaticamente esuberante delle composizioni che pur evocando il reale potevano ben collocarsi entro il perimetro dell’astrazione in un’interazione ben riuscita tra memoria e contemporaneità.

Ma veniamo a conoscere meglio il personaggio. Giovanna Carbone nata a Udine,  vive ed opera a Cividale del Friuli nel cui Museo Archeologico Nazionale presta servizio. Ricordiamo per i nostri lettori che proprio Cividale fu il primo centro longobardo in Italia grazie al Ducato del Friuli e patria di quel Paolo Diacono autore della notissima Historia Longobardorum. Carbone, ricca di questa cultura mitteleuropea, è impegnata da anni nella ricerca artistica dopo aver selezionato con cura i suoi maestri ideali di riferimento in particolar modo Paul Klee, Gustav Klimt e Giorgio Morandi a lungo studiati per coglierne la freschezza feriale e lo splendore cromatico. Come detto, l’artista  si è particolarmente distinta nella tecnica del collage con cui  ha eseguito opere solitamente di piccolo formato ma di  intensa spiritualità. Sappiamo essere stato il collage una tecnica praticata nel recente passato storico da insigni maestri. Basti pensare ai papiers collés del Cubismo sintetico dei vari Picasso, Braque e Gris solo per citare un esempio a tutti noto.

Uno studioso ha usato l’espressione “Fiocchi di neve policromatici depositati sulla superficie” per descrivere i lavori dell’autrice friulana che, sempre schiva per carattere e più intenta al lavoro che alle pubbliche relazioni, solo di recente si è lasciata convincere a proporsi al pubblico  partecipando  a prestigiose rassegne come  la 26 International Istanbul art fair,  la citata ArtGermany 2016 Stuttgart e l’arte fiera internazionale  di Pordenone. Ugualmente è stata invitata alla mostra omaggio a Totò in occasione dei 50 anni della scomparsa del principe della risata che si tiene a Castel dell’Ovo a Napoli.

Cerchiamo ora di entrare nella poetica e direi nell’intima spiritualità dell’artista che ha fatto del collage uno strumento per estrinsecare la gioia di vivere riversata sulla superficie con letizia compositiva e ludiche trame ad incastro di rara efficacia; sembra voglia in ogni sua composizione approntare per il fruitore un banchetto liturgico ove siano concentrati piacere visivo, godimento estetico e meraviglia cromatica. Un’ars combinatoria che evoca la francescana “perfetta letizia” di cui parlano i Fioretti estrinsecata  da protagonisti quali il colore ed il segno rapido e sempre disposto alla formatività dell’immagine: vera e propria  naïvité, intesa come innocenza, freschezza, genuinità.

La sua è una rappresentazione gioiosa della realtà che non ha mai l’eccesso veristico  grazie ad un oculato processo compositivo degli elementi naturalistici che lungi dall’essere  brani iconici del mondo esterno, sono piuttosto meditate realtà interiori dell’artista.

Doviziosa e fertilissima la sua immaginazione allorché assembla le articolate gemmazioni delle tessere  sospese tra concreto presente e aperture surreali, tra segmenti mediterranei e testimonianze mitteleuropee. L’impostazione figurativa di Carbone oscillante tra toni freddi e articolazioni calde, tra descrizione e riflessione mai riserva dettagli crepuscolari; al contrario è sottinteso in lei un vigore  scenografico e una solarità/solidità propria di chi abbia alle spalle un vissuto  irto e sofferto, eppure sempre corroborato dalla volontà di farsi apologeta di quella joie de vivre  propria del mondo dell’infanzia.

 di Leo Strozzieri

 

 

 

Redazione

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